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Shochu

L’arrivo della distillazione in Giappone sembra avere origine dalla lontana Persia. Da qui, si espande in Cina, per poi arrivare sino inThailandia grazie alle migrazioni delle popolazioni mongole. Lo sbarco in Giappone avviene, secondo le teorie più accreditate, dall’isola di Okinawa, dove ancora oggi si distilla un’acquavite chiamata Awamori.

Un’altra ipotesi è che il sapere della distillazione sia stato portato dai commercianti olandesi, che avevano nel sud del Giappone una loro “filiale” commerciale. Il shochu nasce probabilmente alla metà del Cinquecento a Kagoshima, esistono infatti delle tavole di legno intagliate, a testimonianza della presenza del distillato in questa prefettura. Queste tegole facenti parte dell’intelaiatura del tetto, risalenti al periodo Eiroku (il nostro 1559), descrivono un distillato di riso che l’avaro sacerdote del tempio non offre ai due carpentieri al lavoro nel tempio. Scocciati dall’avarizia del sacerdote, i due ne lasciano testimonianze proprio sul tetto della sua casa.

Si ha testimonianza successiva del fatto che i primi distillati di riso erano usati per la fortificazione del sakè, come avviene in età coeva anche in Europa con la fortificazione dei vini spagnoli, portoghesi e francesi. Come anche in Europa, la diffusione del distillato avviene quando, grazie ai moderni impianti di distillazione, i costi di produzione si abbassano. Questo processo evolutivo fu possibile nell’Era Meiji, equivalente al nostro 1800, quando giungono dalla Gran Bretagna i primi distillatori continui, che aumentano la purezza del distillato e la sua quantità.

 

La materia prima originale per il Shocu è il riso, in origine quello che rimaneva dalla torchiatura del riso per il sakè, per estrarne le ultime frazioni alcoliche. Ad oggi le materie prime utilizzabili sono molteplici:

  • orzo (Mugi)
  • patate dolci (Imo)
  • riso (Kome)
  • canna da zucchero (Kokuto)
  • grano saraceno (Soba)

 

Il mosto di riso viene fermentato, per poi essere distillato in un unico passaggio oppure doppio. Un solo passaggio permette di conservare gli aromi primari, raggiungendo una gradazione di circa 50, 55 gradi poi diluita con acqua. Con la doppia distillazione si raggiungono gradazione superiori sullo stile europeo, con un prodotto che solitamente si presta all’invecchiamento.

la distillazione può anche avvenire in colonna, ed anche qui abbiamo le medesime meccaniche di un prodotto da cereali europeo.

 

 

 

 

Il sochu viene posto a riposare in tini di legno o acciaio per un periodo di tre mesi, necessari a stabilizzare la carica alcolica del prodotto.
Per i prodotti di pregio si procede anche alla maturazione sia in vasi di ceramica, molto tradizionali sia in botti di legno, di cultura europea, per un massimo di tre anni, anche se quest’ultimo perde qualcosa in tipicità e riconoscibilità della materia prima.
Un prodotto a sè stante è l’Awamori di Okinawa che può invecchiare per 10 anni in caverne e gallerie, per cui l’isola fu tristemente famosa, durante la battaglia della Seconda Guerra Mondiale. 

 

 

 

Il distillato per le sue caratteristiche si abbina molto bene al tè, ai succhi di frutta, specie di pompelmo e mela.
Si può anche bere liscio o con ghiaccio per apprezzare al meglio i profumi primari della materia prima utilizzata.

 

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