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Tequila

Il fermentato di agave delle popolazioni azteche

La classe sacerdotale della popolazione azteca consumava un fermentato di agave, soprattutto durante i rituali, per entrare in una sorta di tranche. L’arrivo dei conquistadores distrugge la casta dei sacerdoti, rendendo il consumo di questa bevanda popolare.

Prima metà del ‘Cinquecento

Gli spagnoli portano i primi alambicchi nelle colonie. Inizia la distillazione della materie prime disponibili, complice il divieto di piantare vigneti nelle colonie e la forte tassazione sull’esportazione di prodotti vinicoli, imposte dal re spagnolo Filippo II.

1512

Viene fondata la città di Tequila, che diventerà la capitale della produzione di questo distillato.

1753

Apre la prima distilleria, la Antigua Cruz, chiusa solo pochi decenni dopo per Decreto Reale. La Corona spagnola, infatti, temeva che i propri commerci fossero soverchiati dalla produzione di distillati delle colonie. Ma il progresso non si può fermare.

1795

Carlo IV di Spagna concede il diritto di distillazione alla famiglia Cuervo.

1873

Don Cenobio Sauza, fondatore dell’omonima azienda, è il primo ad esportare Tequila negli Stati Uniti.

1974

Nasce il primo disciplinare di produzione della Tequila.

 

La tequila può essere prodotta solo a partire da Agave Azul Tequilera Weber, quest’ultimo termine dal nome del botanico Frederic Albert Constantin Weber, che la studiò e descrisse nel 1902. La coltivazione massiccia di questa qualità di agave nell’area di Jalisco risale alla fine dell’Ottocento, quando gli studi sull’argomento confermarono che questo biotipo è particolarmente adatto al terreno argilloso e al clima locale. Le agavi azul prima di essere raccolte devono raggiungere la maturità che nel loro caso è la produzione del fiore, il lungo stelo che darà vita a centinaia di boccioli gialli. Questo avviene in un’età che può essere compresa fra i cinque ed i dieci anni a secondo degli andamenti stagionali e del microclima.
Esistono infatti coltivazioni di altura (altos) ed in pianura.

 

 

 

 

 

Le agavi mature, che hanno avuto la recisione del fiore per bloccarne lo sviluppo, vengono poi raccolte, tagliate in due o quattro pezzi e messe all’interno di forni dove saranno cotte a vapore. Il trattamento termico è alla base del processo produttivo della tequila. Queste infatti contengono uno zucchero complesso, l’inulina, che non è fermentabile e che solo con il calore scinde i suoi legami divenendo fruttosio. La linfa delle agavi crude ha, infatti, un eccesso di sentori erbacei, non ricercati nel distillato.

La cottura può durare dalle 30 alle 36 ore nei tradizionali forni a vapore di mattoni, detto horno. Altrettante ore sono necessarie al loro raffreddamento. Alternativa più moderna e veloce per la dissipazione del calore è la cottura in forni autoclavi di acciaio, che riducono i tempi di lavorazione e semplificano la pulizia dello strumento.

Negli ultimi tempi di sono anche adottate alcune soluzioni tecniche per velocizzare ulteriormente il processo con macchine dette diffusori. Ma sono usate solamente per i prodotti da prezzo commerciali. In pratica si sflilacciano le agavi e si investono con un getto ad alta pressione di acqua calda per estrarne gli zuccheri  ma il risultato finale manca della complessità delle note di “cotto” tipiche del tequila.

Le agavi cotte vengono poi pressate in un mulino circolare chiamato tahona, dal nome della pietra tonda di origine vulcanica utilizzata per la pressatura. Oggi la tahona è stata sostituita da un più moderno sistema di trinciatura e sfilacciamento, seguito da una pressatura a rulli, e dilavamento con acqua, con una maggiore efficacia di estrazione. Il succo viene filtrato per evitare che un numero eccessivo di fibre raggiunga i tini di fermentazione.

Sempre nei prodotti commerciali è consentito l’uso di altri zuccheri per aumentare le quantità prodotte.
Pertanto dopo aver spremuto le agavi ed ottenuto il succo si possono aggiungere zucchero di canna o di mais. In questo caso si otterrà una tequila detta mixto.

La fermentazione avviene con l’aggiunta di lieviti selezionati, mentre quella spontanea è utilizzata solo da alcune distillerie. Il processo ha una durata che varia a secondo degli strumenti a disposizione che possono essere influenzati dalla temperatura ambiente:  da due a quattro giorni  sia in tini di legno (per i prodotti tradizionali), una settimana ed oltre nelle vasche di acciaio termo controllate.

 

La distillazione tradizionale prevede solo l’uso di alambicchi discontinui ibridi, con caldaia sormontata da una corta colonna a piatti,  ma nulla vieta (non essendo vincolato a disciplinare) di usare anche le colonne ad alto grado, con gradazioni del distillato prossime a 96% a volume. Tanto che qualche esperto ha incominciato a parlare di vodkquila.

 

Il metodo classico e tradizionalesi svolge sempre con un doppio passaggio utilizzando alambicchi di rame o acciaio. Con il primo passaggio si ottiene la flemma, che qui viene chiamato ordinario.

Disalcolando completamente il fermentato si ottiene un liquido con una gradazione variabile da 20%a 25% a volume. Questa viene ripassata raggiungendo un grado massimo di 55/60% a volume ritenuti ottimali per il bilanciamento fra alcol e profumi. Alcuni distillatori preferiscono infatti stare più alti e chiudere prima avendo acquaviti anche a 70/72% sullo stile europeo dei prodotti da vino e cereali.
In alcuni casi sporadici si procede a una terza distillazione, solitamente dell’intera massa, o solo delle code, come abbiamo già visto in altri distillati.

 

Il tequila può essere venduto anche senza invecchiamento, avendo un quantitativo importante di sostanze aromatiche che hanno dei minimi di legge sotto i quali si perde la denominazione. Il produttore è libero di scegliere la gradazione di imbottigliamento, solitamente si imbotta un liquido con grado massimo intorno a 60% a volume. Spesso la sosta in botti nuove a queste gradazioni dura un breve lasso di tempo, utile ad estrarre i tannini, per poi spostare il prodotto in botti di secondo passaggio per una lenta maturazione.
Le botti devono essere di quercia, pertanto si utilizzano quelle dei produttori di whiskey americano o più raramente quelle di produzione francese. La capienza massima del contenitore, per Anejo ed Extra Anejo, deve essere, per legge, da 600 litri e questo prende la forma di un tino chiamato pipone.
Per la Reposado non si menziona il recipiente, pertanto potrebbe essere anche un tino o una botte di grande capienza, cosa economicamente valida vista la breve permanenza in legno.
Infine, anche se non usatissimo esiste anche in questa area l’uso del metodo solera e del wood finish, solitamente con botti di sherry di Jerez.   

 

Le macrotipologie di Tequila sono due:

Tequila: Il mosto da cui sono ottenute deve contenere il 51% di Agave azul. Non si fa menzione delle materie prime per ottenere il rimanente 49% ma si specifica che non può prevenire da altre specie di agave ma da canna da zucchero o mais.
Tequila 100% de Agave o Tequila 100% puro Agave, ottenuta esclusivamente da agavi della suddetta specie, coltivate ed elaborate all’interno del territorio della Denominazione. Anche la fabbricazione e l’imbottigliamento deve avvenire nella zona di origine.

Per quanto concerne l’invecchiamento in commercio si ritrovano le seguenti tipologie:

Blanco o Plata: il disciplinare come visto non menziona un periodo minimo di sosta prima della vendita, ma solamente che possa essere diluita con acqua se ha un grado superiore a 55% a volume. Un aggiornamento del disciplinare del 2013 vieta espressamente l’uso di additivi ed aromi, anche naturali cosa che invece era pratica comune. Oggi se presente deve essere segnalato in etichetta con abocada
Joven o Oro: non hanno invecchiamento ed il colore giallo paglierino scarico o dorato si ottiene con l’aggiunta di caramello o con estratti naturali di tannini di rovere. La morbidezza invece si ha con glicerina e sciroppo di zucchero. Questi additivi non devono comunque superare l’1%.

Reposado: minimo due mesi in botte di quercia. Non si menziona la capienza.
Anejo: minimo un anno in botte. Capienza massima 600 litri.
Extra anejo: minimo tre anni. Capienza massima 600 litri.
Eventuali blend fra reposado, anejo ed extra anejo prendono la classificazione del prodotto con il minor invecchiamento.
Invecchiamenti maggiori vengono indicati con nomi non regolamentati, che però riprendono i classici della tradizione spagnola, già visti per rum e brandy, come Gran Reserva, Reserva de Familia, Herencia, Tres Generationes che integra la dicitura di legge Extra Anejo.

 

La Tequila o il Tequila Reposado può essere sorseggiato come prodotto da meditazione alla fine di un pasto, che ha visto come protagonista la cucina messicana, mentre per i più intraprendenti potranno bere un Margarita frozen, utilizzato alla stregua di un sorbetto, per intervallare fra loro delle alette di pollo piccanti.
Stesso discorso con un bel piatto di tacos farciti alle verdure piccanti e ben speziate. 

Un altro ottimo abbinamento, di tradizione messicana, è bere  tequila molto fredda in abbinamento con frutta esotica o con fragole, melograno, melone o anguria, per integrare al meglio le sue origini vegetali.

 

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