Liquori – storia e produzione
Le prime macerazioni di erbe in liquidi alcolici a scopo medicinale furono descritte da Galeno e successivamente da Ippocrate, che utilizzavo gli enoliti, macerazioni di piante aromatiche in vino, per curare i disturbi più disparati.
La storia della liquoristica si lega poi inevitabilmente a quella della distillazione, processo in grado di concentrare ed estrarre maggiormente i principi attivi contenuti nelle erbe. Come già appreso nella sezione Distillati, durante il medioevo arabo nel 700 d.C., il movimento denominato Al – Kimiya, dal greco chymos (essenza), mise a punto le basi della conoscenza della distillazione di fiori e piante, con la quale ottenere essenze ed oli profumati.
I primi prodotti furono legati all’uso cosmetico visto il divieto di consumo di alcol, come per esempio la distillazione di acqua di rose, accuratamente descritta nel suo processo Abu Abd Muhammad, noto cosmografo arabo vissuto nella seconda metà del 1200.
Con la Liberazione di Gerusalemme nel 1099 la cultura occidentale entra in contatto con la distillazione: alambicchi, libri di matematica e fisica vengono portati nelle grandi università europee, dove danno il via ad una fiorente attività di studio della distillazione.
Il più grande centro di ricerca fu la Scuola di Salerno, sede del primo orto botanico della storia, i cui libri influenzeranno per secoli la medicina e la farmacia. In Europa i prodotti della distillazione trovano l’ambiente ideale per il consumo alimentare, dando origine a preparazioni a base di erbe e spezie a scopo medicinale.
Le prime testimonianze della realizzazione di un liquore elisir si ritrovano per la prima volta in Italia nel 1300, durante il Giubileo voluto da papa Bonifacio VII. Il papa, famoso nella storia per i suoi costumi poco morigerati e per la sua fame insaziabile, fu colpito da una fortissima colica renale proprio a ridosso dell’evento. Arnaldo da Villanova e Raimondo Lullo elaborarono un elisir per curare il papa. Le cronache del tempo riportano che questo rimedio contenesse anche scaglie d’oro, considerato un metallo in grado di purificare l’organismo. Il successo di questo rimedio portò fama alla disciplina della distillazione e nei secoli successivi i liquori prodotti vennero colorati di giallo, mediante l’uso dello zafferano, proprio in onore dell’elisir che salvò il capo della cristianità.
La produzione di liquori rimase a lungo ad esclusivo uso medicinale: il prezzo elevato dell’alcol, infatti, e la tecnica di distillazione ancora da affinare, risultavano in una scarsità di materia prima. Medici alchimisti e monaci nelle abbazie furono per molti secoli depositari della conoscenza e della pratica della produzione di liquori medicamentosi, con rimedi capaci di curare le più disparate patologie, dalla malaria fino al vaiolo.
Per avere una produzione liquoristica ad uso voluttuario, è necessario attendere fino alla prima metà del 1500, quando Caterina de Medici iniziò la produzione di liquori dolci di benvenuto, prima per la corte di Firenze, e poi a Parigi.
Tutto questo fu possibile grazie al perfezionamento del sistema di distillazione, che mise a punto un efficiente sistema di raffreddamento dei vapori d’alcol, aumentando resa e produzione, con conseguente abbassamento dei costi. Un’altra tappa fondamentale per la liquoristica voluttuaria si ebbe nel 1747 quando Margraff cristallizzò lo zucchero a partire dalla bietola, rendendo l’edulcorazione più economica e alla portata di tutti.
La storia dei liquori si separa qui definitivamente da quella degli amari, proseguendo la propria strada che la porterà alla creazione di decine di aromatizzanti, fondamentali per la creazione di nuovi cocktail, che vedranno la luce a partire dalla fine del 1800.
Proprio in questi anni, infatti, precisamente nel 1820 i chimici francesi Caventou e Pelletier sintetizzarono il chinino. Iniziarono ad aprire farmacie che proponevano farmaci elaborati non solo con erbe, ma con muffe e principi chimici. La prima fabbrica ad aprire fu la Carlo Erba nel 1853, seguita nei decenni successivi da Dompè e Menarini.
Improvvisamente gli elisir e gli enoliti diventarono inutili. Per evitare che un patrimonio di secoli venisse perso, questi passarono dai libri di farmacia a quelli dei liquoristi, che provvidero a dolcificare ed ammorbidire con scorze di arancio, vaniglia e zucchero i duri profili delle erbe amaricanti.
Nel 1857 venne pubblicato il primo manuale di liquoristica italiano da Valsecchi, Nuovo ed unico manuale completo del distillatore liquorista, in cui si ritrovano le prime ricette di amaro, inteso come categoria merceologica e non più come descrizione organolettica di un elisir. Le ricette di liquore, sia di frutta che di spezie, erano ancora la parte importante del libro.
La Francia, l’Olanda e soprattutto l’Italia, con i suoi numerosi microclimi e una vasta biodiversità di erbe e spezie, furono i paesi con la più vasta produzione di liquori. I conventi e le abbazie furono i custodi di numerose ricette, prima a scopo medicinale, poi come liquori di piacere, da consumarsi come benvenuto per gli ospiti, in casa e poi nei locali.
I liquori sono bevande spiritose che contengono:
- alcol di origine agricola ottenuto per distillazione
- edulcorati (zucchero)
- prodotti di origine agricola per l’aromatizzazione (prodotti caseari, vino, vino aromatizzato, frutta, erbe e spezie SI RIMANDA ALLA SEZIONE “ERBE E SPEZIE”)
- aromi naturali e/o aromi naturali identici, ovvero presenti in natura ma replicati in laboratorio
- coloranti
La gradazione alcolica deve essere compresa fra 15% e 55% vol/vol, con un contenuto minimo di zucchero pari a 100 g/l, salvo eccezioni particolari come i liquori a base di ciliegie che permette 70 g/l e quelli con genziana, assenzio o piante simili che prevedono 80 g/l minimi.
I liquori e gli amari si possono ottenere con tinture (alcoliti) ed alcolati.
Queste sono ottenuti macerando erbe e spezie in una soluzione variabile di acqua ed alcol per un determinato tempo.
Le tinture possono essere miste, ovvero composte dalla totalità della ricetta, oppure separate, macerando la singola pianta o un gruppo botanico omologo per texture (legni, cortecce o radici) o principio attivo (ad esempio l’olio essenziale delle scorze di agrumi).
In pratica ogni pianta aromatica avrà la sua gradazione alcolica ed un tempo dedicato in base alle sue caratteristiche. Questo per ottenere il massimo risultato in termini di fragranza e franchezza di profumo e gusto.
La macro regola prevede che per estrarre le sostanze amare sia necessaria l’acqua, mentre per le sostanze oleose, tipo la scorza degli agrumi, siano necessarie gradazioni alcoliche elevate prossime a quelle di un distillato.
Le tinture separate saranno poi blendate in base alla ricetta mescolate con acqua e zucchero per riportare il grado desiderato.
- Le tinture si possono ottenere con:
- Macerazione fredda la pianta o le piante aromatiche sono poste in una soluzione di acqua ed alcol a temperatura ambiente o poco sopra.
- Macerazione calda o infusione, dove si riscalda il solvente per ottimizzare l’estrazione. La tecnica è utile soprattutto in presenza di fibre vegetali piuttosto coriacee che si dilatano con il calore.
- Decozione è il prolungamento dell’infusione a temperature inferiori alla bollitura.
- Percolazione ovvero facendo filtrare una soluzione idro alcolica in un tampone composto da erbe e spezie frantumate e triturate. In altre parole il principio della macchina del caffè o del filter coffee. Il numero di passaggi del solvente e la variazione di percentuale fra acqua e alcol è funzionale all’intensità che si vuole ottenere.
- Cavitazione è un processo di macerazione condotto con gli ultrasuoni che spaccano le membrane molecolari facendo in modo di estrarre completamente il principio aromatico. Danno però luogo a mucillagini formate dalle fibre e quindi non sono ideali per ogni soluto.
- Gli Alcolati si ottengono dalla distillazione di una tintura mista o singola. Questi si usano per fissare le frazioni aromatiche più leggere ed evitare un eccesso di oli essenziali o di parti amare, ricordando il funzionamento dell’alambicco descritto per il gin. In molti amari e liquori si procede poi alla miscelazione con le tinture per avere un perfetto equilibrio fra le note amare e le frazioni aromatiche leggere.
Tradizionalmente i liquori si possono suddividere in ratafià, rosoli ed elisir.
I ratafià sono liquori a base di frutta (escluse le scorze di agrumi), in cui la percentuale di zucchero è solitamente un quarto della ricetta, a seconda del frutto usato. La frutta in polpa infatti apporta fruttosio, aumentandone la dolcezza. Il procedimento produttivo è esclusivamente per macerazione.
I rosoli sono liquori dolci la cui aromatizzazione principale è composta da una o più spezie. La percentuale di zucchero rappresenta solitamente un terzo della ricetta. I rosoli solitamente sono ottenuti distillando un macerato di spezie, tipicamente cannella e chiodi di garofano, aromatizzandolo successivamente con scorze di agrumi, vaniglia o petali di rose.
Gli elisir si possono invece definire come proto-amari, il cui ingrediente principale ha una proprietà benefica sul corpo. Sono prodotti generalmente dal gusto amaro e si rifanno ai rimedi della farmacopea tradizionale, oggi riadattati al consumo voluttuario.
Liquori dalla A alla Z
Per la ricerca del liquore cliccate la lettera iniziale del nome del prodotto con cui lo conoscete. Nel caso di famiglie numerose ( ad esempio liquori alla scorza di arancio) cercate sotto la lettera L (liquori al…..) seguendo l’ordine alfabetico dell’aromatizzante principale contenuto in esso.